L’Abbazia di Nonantola e Bologna – Memorie storiche e percorsi archivistici

Di Domenico Cerami e Simone Marchesani.

PREFAZIONE

La consapevolezza crescente con cui la scienza archivistica contemporanea ha elaborato il concetto di “soggetto produttore” come ente o persona che produce, riceve e conserva documentazioni per perseguire i propri fini, e ha quindi conseguentemente messo al centro del riordino e della descrizione degli archivi la storia istituzionale dei soggetti produttori, fino praticamente a identificarsi con essa (così da fare degli archivisti ben più di meri compilatori di elenchi come nel passato, bensì degli storici delle istituzioni), ha portato il lavoro dell’archivista e il “mestiere dello storico” a convergenze di altissimo livello, che fino a non molto tempo fa sarebbero state inimmaginabili.

Gli storici e gli archivisti sono infatti oramai perfettamente consapevoli che – così come ogni archivio è tale in virtù dei “vincoli archivistici” originari fra le carte e il produttore – qualsiasi ente, del passato così come contemporaneo, si presenta legato da “vincoli istituzionali” con le altre realtà istituzionali e sociali, le più disparate fra loro, che con esso si mettono in relazione: siano esse organismi statali o enti gerarchicamente subordinati, attivi nello stesso contesto territoriale o fra loro distanti, oppure soci in affari, famiglie legate da vincoli parentali, istituzioni religiose con multipli rapporti di dipendenza da istanze anche lontanissime (una casa monastica rispetto ai generali dell’ordine, la più sperduta parrocchia – risalendo via via la linea gerarchica attraverso diocesi, metropolie e così via – fino, di fatto, al soglio pontificio).

È così che oggi si può pensare di tracciare una carta virtuale della “geografia documentaria” di un soggetto produttore, riconoscendo da un lato i territori su cui questo ha avuto possibilità o necessità di produrre documentazione, principalmente per esercitare una giurisdizione o per gestire dei patrimoni, il che sarà rispecchiato nel suo archivio, ma anche di identificare tutti gli archivi prodotti e conservati altrove, al di fuori del suo territorio in un raggio anche molto ampio, da coloro che con esso hanno avuto rapporti e che quindi hanno prodotto, ricevuto e conservato documentazione propria che possa divenire utile per la ricostruzione delle vicende storiche dell’ente di partenza.

Ben si capisce quindi come l’abbazia di San Silvestro di Nonantola sia un perfetto soggetto per esercitare questo genere di ricerche, con la sua più che millenaria storia di “reti monastiche” anche molto estese, testimoniata innanzitutto dal suo archivio (basti pensare ai rapporti con centri anche lontani, come Leno o Nogara, per fare soltanto due esempi) ma confluita a lasciare tracce di sé nelle sedi più disparate e per i motivi più diversi: anche qui basti, come solo esempio, quello del Fondo Nonantola costituito, per peculiari vicende, presso l’Archivio Segreto Vaticano.

Così è subito ben chiara l’originalità e l’opportunità della linea di ricerca scelta da Domenico Cerami e da Simone Marchesani decidendo di occuparsi di “memorie storiche e percorsi archivistici” – il parallelismo è fondamentale – per i rapporti fra l’abbazia di Nonantola e Bologna. Il loro lavoro appare improntato a una linea metodologica chiara: partire dai percorsi storiografici già battuti, per poi ampliare originalmente il discorso, indagando la rete monastica nonantolana nel territorio bolognese che si sviluppa a cavallo di un confine tanto duraturo quanto incerto, luogo di incontro e di scontro di poteri laici ed ecclesiastici.

Da qui ci si volge poi alla ricerca dei documenti, concentrandosi in questo caso sulla geografia delle fonti per la storia di Nonantola conservate a Bologna, e quindi sull’Archivio di Stato e sull’Archivio Generale Arcivescovile, ma anche sulla Biblioteca Universitaria e sulla Biblioteca Comunale dell’Archiginnasio. Con grande onestà intellettuale, è dichiarato che questo pregevole spoglio non può ancora essere considerato un’edizione ne varietur, ma un lavoro utile al fine di fornire spunti per futuri, ulteriori indirizzi di ricerca; ma altrettanto sinceramente bisogna riconoscere che tale completezza non è quasi mai compiutamente raggiungibile, anche quando – come in questo caso – è il più rigoroso possibile. Questo non soltanto in conseguenza dell’umano limite per cui, come diceva il lessicografo francese Pierre-Claude-Victor Boiste (1765-1824), «Il n’y a que Dieu qui puisse faire un dictionnaire parfait», ma soprattutto perché ogni ricerca di questo genere si trova a dover scalare pareti lisce e verticali come quelle del mare magnum, mai compiutamente sondabile e indicizzabile, degli atti privati negli archivi notarili.

Il percorso in tre fasi qui compiuto, corrispondente ai tre capitoli in cui è articolata l’opera, comincia appunto con la memoria di Girolamo Tiraboschi, che in pratica ha avviato la storiografia moderna sull’abbazia nonantolana potendo finalmente utilizzare, e in parte pubblicare, la documentazione dell’archivio abbaziale; sempre dalle fonti conservate a Nonantola partiva all’inizio del Novecento Augusto Gaudenzi per il saggio dal titolo programmatico di Il monastero di Nonantola, il ducato di Persiceta e la Chiesa di Bologna, rivolto all’epoca di esordio altomedievale delle controversie sull’agro persicetano; il pur cospicuo progredire degli studi su Nonantola, che è stato caratterizzato dall’intervento di maestri come Gina Fasoli o Vito Fumagalli, e che ha ricevuto forte accelerazione grazie alla fondazione del Centro Studi Storici Nonantolani promossa da don Francesco Gavioli, ha allargato il campo di indagine a varie tematiche (una per tutte, la storia agraria e ambientale) ma ha visto Bologna rimanere sostanzialmente sullo sfondo.

Le vicende ricostruite fedelmente nella seconda parte dell’opera mostrano come fin quasi dall’inizio della sua parabola l’abbazia nonantolana abbia acquisito beni e diritti nel territorio bolognese, fino a tesservi – soprattutto dall’XI secolo – una “rete” di centri ecclesiastici e produttivi a largo spettro funzionale (chiese, immobili, fondi rustici a diversa vocazione produttiva, “industrie” idrauliche come mulini e opifici), caratteristici di quella polifunzionalità perseguita dalle grandi case monastiche perché utile a raggiungere l’autosufficienza. Questa pluralità di risorse viene qui seguita sistematicamente nel suo formarsi, e nel dispiegarsi delle tracce documentarie che soprattutto le controversie per il loro controllo hanno prodotto lungo più secoli.

Il punto di svolta si riconosce all’inizio del Trecento quando, già da tempo compressa fra le convergenti pressioni espansionistiche di Modena e di Bologna, l’abbazia di Nonantola incomincia a cedere molti dei suoi beni in queste aree ai Pepoli, forti dell’egemonia politica ed economica che conseguiva allo svilupparsi del “progetto signorile” del banchiere bolognese Romeo Pepoli, già magistralmente ricostruito da Massimo Giansante. L’egemonia della città di Bologna, e delle principali famiglie del suo ceto dirigente animate da aspirazioni signorili, porterà la stessa Nonantola a finire sotto il controllo bolognese, e vedrà così aprirsi la lunga stagione degli abbaziati retti da esponenti delle casate dei Gozzadini e dei Pepoli, qui seguiti approfonditamente. Da ciò discenderanno gli stretti rapporti con il mondo politico, economico e culturale bolognese, con la sua Chiesa e il suo Studium, che lasceranno le profonde tracce documentarie oggetto dell’ultima parte dell’indagine.

Tutti i più importanti depositi documentari bolognesi sono stati presi in considerazione con quella consapevolezza di cui si diceva all’inizio, tale per cui sono i rapporti fra i soggetti produttori che guidano a individuare le documentazioni che li testimoniano. Quindi presso l’Archivio di Stato di Bologna in questo caso non possono non risultare centrali i fondi notarili, in cui confluisce la memoria degli atti privati di gestione patrimoniale ma anche, per esempio, delle collazioni di chiese. Grande rilievo ha la pratica, da parte dell’abbazia, di avvalersi – come è consueto in questi casi – di pochi notai in stretti rapporti fiduciari con il mondo abbaziale (ovviamente notai bolognesi, data la oramai sistematica residenza in città dei singoli abati), i cui atti qui sono scrupolosamente ripercorsi. Giustamente viene sottolineato come soltanto a uno sguardo superficiale l’Archivio Generale Arcivescovile, in quanto espressione dell’autorità e dell’attività vescovile e diocesana, potrebbe risultare estraneo a questo oggetto di studio: i validissimi risultati estratti già soltanto dalla serie dei Ricuperi attuariali dimostrano che a cercare, e saper cercare bene, si trova. Le più grandi biblioteche bolognesi, l’Archiginnasio e la Biblioteca Universitaria, non di meno, si mostrano ricche non soltanto di preziosi codici, ma anche di raccolte di documenti dall’origine la più disparata, come il fondo degli Istrumenti raccolti presso l’Archiginnasio, che ha pure fornito validi contributi, o come i fondi familiari Talon Sampieri e Pepoli.

Sempre grandemente opportuna, infine, è la scelta di integrare l’opera con un’appendice documentaria, contenente anche i primi risultati di una ricerca in itinere, condotta da Graziella Caruso, su di un frammento riconosciuto nel fondo delle Miscellanee Vecchie dell’Archivio Generale Arcivescovile di Bologna e relativo al movimento degli Umiliati, ulteriore stimolo per future ricerche. Tutto questo volume, dunque, dimostra con forza come ogni indagine storica che non tenga conto della “geografia documentaria” sparsa fra gli archivi, in attesa di studiosi che ne sappiano tracciare le mappe, rischi di apparire sempre più parziale.

Enrico Angiolini

SOMMARIO

PREFAZIONE  di  Enrico Angiolini

Nota degli autori

Capitolo I

BOLOGNA E NONANTOLA: TRACCIATI STORIOGRAFICI

  1. Il tempo degli eruditi
  2. La Rechtsgeschichte e Augusto Gaudenzi                                                                                    
  3. Da Gina Fasoli a Vito Fumagalli: la terra e gli uomini
  4. Nuovi approdi lungo antichi percorsi
  5. Il Centro Studi Storici Nonantolani e l’Archivio Abbaziale
  6. I documenti: censimenti, riordini, edizioni

Capitolo II

BOLOGNA E NONANTOLA: INTERSEZIONI

  1. Reti monastiche e confini
  2. Paesaggi di terra e acqua                                                                                                                
  3. Tra Ecclesia e monastero: giurisdizioni e rivendicazioni
  4. Gli abati bolognesi: tracciati culturali
  5. Nuove aggregazioni diocesane

Capitolo III

LA MEMORIA DOCUMENTARIA:

ARCHIVI E BIBLIOTECHE BOLOGNESI

  1. L’Archivio di Stato
  2. L’Archivio Generale Arcivescovile
  3. Valutazioni preliminari sull’attività dei “notai nonantolani”
  4. L’Archiginnasio e la Biblioteca Universitaria

APPENDICE DOCUMENTARIA

Graziella Caruso 

  1. 1191, bolla di Celestino III
  2. 1373, lettera di Gregorio XI
  3. 1405, lettera di Innocenzo VII
  4. 1407, bolla di Gregorio XII
  5. Il frammento 56.42

5.1. Scheda e trascrizione

5.2. Aspetti paleografici: scrittura e datazione

5.3. Il problema del contenuto e cenni sugli Umiliati

5.4. Il problema dell’origine del frammento

5.5. Conclusioni

BIBLIOGRAFIA

Ed. IL FIORINO – Modena

Formato: 17×24

Pagine: 114

Codice ISBN: 978-88-7549-828-3

Anno: 2019

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